TINARIWEN (deserti e disertori)

05 May 2012

Intervista su KULT Underground

Domande di Davide Riccio, risposte del sottoscritto, naturalmente su KULT Underground, web-zine di Cultura in tutte le sue innumerevoli diramazioni.
Ringrazio Davide per le belle domande e Govind per la sua tenace promozione.
Incollo su questo post giusto qualche passaggio:


Davide
La rébellion e Sol maior para comandante sono due strumentali davvero notevoli, perché fanno subito e semplicemente capire come il blues provenga dalla musica africana.
Oltre a esservi nato, per quanto tempo hai vissuto in Marocco? Qual è la musica locale e cosa in particolare di quella musica ha più influito nella tua formazione artistica, ma anche umana?
 
Paolo
In Marocco sono rimasto molto poco: i primi tre anni. Poi abbiamo girato diversi paese dell’Africa Occidentale (Guinea Bissau, Mali, Senegal…) Fin da giovani, io e mio fratello coltiviamo una certa passione per la musica di quelle parti. Io mi sento attratto dal chitarrismo “maliano” (in realtà è più proprio parlare di cultura mandè). È un blues secco e primordiale, di cui mi attrae l’idea di circolarità che vi è sottesa. Devo dire di non essere un amante del blues americano: non l’ho mai ascoltato né tanto meno suonato. Questo ovviamente fa di me un chitarrista molto incompleto, perché non ho quella libertà che il blues ti insegna. Ma la realtà è che vi trovo anche una certa ridondanza, un ridursi della struttura armonica a “canzonetta”. Cosa che non trovo mai nel chitarrismo dell’Africa occidentale, dove il canto è una nenia e le chitarre disegnano orizzonti molto ampi. La rebellion è chiaramente un tributo ad Ali Farka Tourè; c’è addirittura la citazione di un suo fraseggio nel finale. Sol maior para comandante è un tradizionale maliano che ho imparato a modo mio, quindi sbagliando molte cose. Ma il vento che vi si respira è quello del deserto.  
 
Davide
L’album ha un inizio veloce e più energico, gradevolmente scarno, in “Amore amore amore” e “Dal carcere” per poi assestarsi e concludersi intorno ad atmosfere più rilassanti e quiete. L’impressione è che il silenzio sia stato da te soppessato sia nella composizione, sia negli arrangiamenti e nella registrazione, come un elemento da usare ed equilibrare altrettanto importante quanto il suono, il pieno. Una cosa abbastanza rara in Italia e nell’Occidente. Charlie Chaplin disse che il silenzio è un dono poco apprezzato e che i ricchi comprano rumore… Cos’è per te il silenzio?
 
Paolo
Il silenzio è ciò che circonda le parole, i suoni e le emozioni. È anche la condizione necessaria perché questi esistano. La maturità di un musicista si misura un po’ dal modo in cui riesce a gestire l’equilibrio tra pieno e vuoto, silenzio e musica.  “La caduta” era un disco molto affollato. Questo secondo album cerca una maggiore essenzialità. Complice il modo in cui vi abbiamo lavorato: tutti gli arrangiamenti sono nati attorno alle tracce chitarra e voce, cercando di arrivare ad una giusta misura che completasse e aiutasse la canzone ma senza sovraccaricarla. Il silenzio, o meglio, il vuoto, è anche materia del discorso del disco: un certo mettersi a nudo nei testi, la ricerca di un’essenzialità. Gli strumentali poi hanno un ruolo importante: le parole scompaiono, resta la musica. È un invito per l’ascoltatore a vivere in modo più immediato l’atmosfera del disco. È un disco cupo, ne sono consapevole, un disco per chi ha voglia di ascoltare.
 

No comments:

Post a Comment