TINARIWEN (deserti e disertori)

22 September 2012

Dopo una lunga estate..arriva THE WEBZINE

Dopo una lunga estate arriva codesta recensione a riaccendere gli animi.
Parole, parole, parole...che centrano il disco. In pieno.
A voi. YEAH!!

http://thewebzine.wordpress.com/2012/09/21/paolo-andreoni-un-nome-che-sia-vento-2012/


17 May 2012

IL FATTO QUOTIDIANO: Intervista di Pasquale Rinaldis


"Paolo Andreoni ha dato alla luce il suo secondo disco intitolato “Un nome che sia vento” in cui la canzone d’autore, l’elettronica e il rock si mescolano ad arte, votandosi alla sperimentazione e all’essenzialità: il risultato? Un disco di ottima fattura ..."
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/05/17/paolo-andreoni-nome-vento/231624/


Ringrazio Pasquale, a breve novità. Paolo

05 May 2012

Sotto i riflettori di BIELLE.ORG

Grazie a Leon Ravasi e a tutta la redazione, ancora una volta hanno speso parole importanti.
Ecco un piccolo assaggio di una lusinghiera recensione.
Il resto lo trovate su BIELLE:
http://www.bielle.org/2012/Recensioni/Rece_AndreoniVento.htm





"Paolo Andreoni ha fatto un disco rock. Che non è solo un modo di dire. Vuol dire che ha dell’anima, un ritmo, delle asperità che si sciolgono in dolcezze. Dei rauchi gorgheggi che si tramutano in falsetto. E’ tutto un album che gioca sul doppio pedale. Da un lato è un lavoro di cantautorato italiano. Dall’altro ha dentro spezie, profumi e orizzonti che sono più ampi. Che prendono lo spunto dall’Africa e arrivano all’America. In mezzo ci siamo noi. E c’è la lezione grande di Fabrizio De André. A cui Paolo si richiama anche nel titolo dell’album: "Un nome che sia vento" per un album che sa davvero di vento."



Intervista su KULT Underground

Domande di Davide Riccio, risposte del sottoscritto, naturalmente su KULT Underground, web-zine di Cultura in tutte le sue innumerevoli diramazioni.
Ringrazio Davide per le belle domande e Govind per la sua tenace promozione.
Incollo su questo post giusto qualche passaggio:


Davide
La rébellion e Sol maior para comandante sono due strumentali davvero notevoli, perché fanno subito e semplicemente capire come il blues provenga dalla musica africana.
Oltre a esservi nato, per quanto tempo hai vissuto in Marocco? Qual è la musica locale e cosa in particolare di quella musica ha più influito nella tua formazione artistica, ma anche umana?
 
Paolo
In Marocco sono rimasto molto poco: i primi tre anni. Poi abbiamo girato diversi paese dell’Africa Occidentale (Guinea Bissau, Mali, Senegal…) Fin da giovani, io e mio fratello coltiviamo una certa passione per la musica di quelle parti. Io mi sento attratto dal chitarrismo “maliano” (in realtà è più proprio parlare di cultura mandè). È un blues secco e primordiale, di cui mi attrae l’idea di circolarità che vi è sottesa. Devo dire di non essere un amante del blues americano: non l’ho mai ascoltato né tanto meno suonato. Questo ovviamente fa di me un chitarrista molto incompleto, perché non ho quella libertà che il blues ti insegna. Ma la realtà è che vi trovo anche una certa ridondanza, un ridursi della struttura armonica a “canzonetta”. Cosa che non trovo mai nel chitarrismo dell’Africa occidentale, dove il canto è una nenia e le chitarre disegnano orizzonti molto ampi. La rebellion è chiaramente un tributo ad Ali Farka Tourè; c’è addirittura la citazione di un suo fraseggio nel finale. Sol maior para comandante è un tradizionale maliano che ho imparato a modo mio, quindi sbagliando molte cose. Ma il vento che vi si respira è quello del deserto.  
 
Davide
L’album ha un inizio veloce e più energico, gradevolmente scarno, in “Amore amore amore” e “Dal carcere” per poi assestarsi e concludersi intorno ad atmosfere più rilassanti e quiete. L’impressione è che il silenzio sia stato da te soppessato sia nella composizione, sia negli arrangiamenti e nella registrazione, come un elemento da usare ed equilibrare altrettanto importante quanto il suono, il pieno. Una cosa abbastanza rara in Italia e nell’Occidente. Charlie Chaplin disse che il silenzio è un dono poco apprezzato e che i ricchi comprano rumore… Cos’è per te il silenzio?
 
Paolo
Il silenzio è ciò che circonda le parole, i suoni e le emozioni. È anche la condizione necessaria perché questi esistano. La maturità di un musicista si misura un po’ dal modo in cui riesce a gestire l’equilibrio tra pieno e vuoto, silenzio e musica.  “La caduta” era un disco molto affollato. Questo secondo album cerca una maggiore essenzialità. Complice il modo in cui vi abbiamo lavorato: tutti gli arrangiamenti sono nati attorno alle tracce chitarra e voce, cercando di arrivare ad una giusta misura che completasse e aiutasse la canzone ma senza sovraccaricarla. Il silenzio, o meglio, il vuoto, è anche materia del discorso del disco: un certo mettersi a nudo nei testi, la ricerca di un’essenzialità. Gli strumentali poi hanno un ruolo importante: le parole scompaiono, resta la musica. È un invito per l’ascoltatore a vivere in modo più immediato l’atmosfera del disco. È un disco cupo, ne sono consapevole, un disco per chi ha voglia di ascoltare.
 

28 April 2012

BUSCADERO: Italians do it better?




Of course...direte voi.
Andrea Trevaini, e qui lo ringrazio, mi ha dedicato solo un piccolo spazio, ma visto il taglio estrerofilo della rivista  e le misere pagine dedicate agli artisti indigeni, direi che è uno spazio sudato e quindi importante.
Se ci aggiungete che su quella stessa pagina, trovate la recensione di La vita agra (unorsominore), capirete che la soddisfazione per questa piccola recensione al mio disco (Un nome che sia Vento), lievita notevolmente.

Eccola :
"la musica di questo artista, nato in Marocco, porta dentro di sé, non solo nei titoli delle canzoni (Un nome che sia Vento, Opera du Sahel), le tracce di un vento musicale etnico che lo differenzia dagli altri cantautori italiani.
Il suo suono è secco, duro, elettroacustico; i suoi testi sono ora angoscianti e disperanti come in Dal Carcere oppure pescano l'ispirazione dall'alto cantautorato italiano (De Andrè-Tenco) come nella musicalmente raffinata Dimentica e Il ragazzo e la città.
La title-track che profuma d'Africa è onirica e raffinata, così come l'incedere pigro dello strumentale A night at Holiday Inn."


Poche parole, ma buone.
Egbe Mi O